Recensione di Renata Amoroso
“L’ottava vita” di Nino Haratischwili. Tutto ha inizio con la cioccolata, inizia così la saga degli Jashi e la loro rovina. La cioccolata è la loro maledizione, così dice Stasia. Dal momento dell’assaggio nessuno di loro è mai più felice, le loro vite vengono dilaniate da tragedie indicibili. Da sfondo alla saga familiare c’è la Storia del Novecento sovietico, una storia altrettanto tragica e altrettanto maledetta.
Leggere questo libro è come bere una medicina molto amara. Non scende facilmente, bisogna leggerlo a piccole dosi. A cominciare dalla vita di Stasia, che ha dovuto rinunciare al suo sogno, fino ad arrivare a quella di Niza, che invece decide di non averceli più i sogni; passando per Kitty, la mia preferita; e poi Christine e la sua bellezza scomparsa dietro un velo; Elene, e Daria e infine Brilka, la ragazza che mangia soltanto alcuni colori per paura di morire. Questo libro è per lei, per offrirle una vita diversa da quelle delle sue antenate, l’ottava vita, appunto.
Non è un libro solo femminile però, i personaggi maschili sono una presenza che incombe e poi soccombe, come tutti in questa storia. Ramas, Kostjia, Giordi, Andro, Miqa, Miro. Tanti nomi si susseguono seguendo tutti lo stesso filo e camminando persi nel mondo in rovina. A differenza di altre saghe familiari però non è difficile ricordare tutti i loro nomi, perché sono caratterizzati talmente bene e sono talmente profondi che alla fine sembra di conoscerli, come se fossero amici d’infanzia.
Tutte le loro vite attraversano tempeste e bagni di sangue, spesso concludendosi con tragici e tristi epiloghi, ma in verità nessuna vita ha mai un epilogo se c’è qualcuno che la racconta e se fa parte di una trama a cui è sottilmente e saldamente legata per sempre. Non c’è una fine a questa storia, così come non c’è una fine per nessuna vita umana. Quando si muore si lascia sempre una traccia, la traccia di una vita vissuta.
É potente la letteratura, ci fa sentire in compagnia anche quando siamo soli e ci fa viaggiare anche stando fermi; io in Georgia non ci ero mai stata, fino ad ora.